Fernando Montà

Nato in Africa, a Santa Isabel (Guinea Equatoriale) ma residente a Torino, Fernando Montà presenta un curriculum critico-espositivo di grande rilievo con mostre prestigiose tenute in spazi pubblici e privati di tutta Italia e di molte capitali d’Europa: Francia, Spagna, Croazia, Ungheria, Slovacchia e poi Marocco e Argentina.

Dopo gli studi artistici e quelli dell’Accademia di Belle Arti e il conseguimento del “Premio Pernod” per la grafica (sezione studenti), si dedica all’incisione e alla pittura figurativa con soggetti legati soprattutto all’ecologia e alla difesa dell’ambiente, tematiche da lui particolarmente sentite e mai abbandonate: natura ed ambiente sono infatti, ancora oggi, gli argomenti fondamentali e prevalenti della sua espressione.

L’artista porta nel cuore la sensualità del continente africano, quando dipinge la potenza inquietante della leonessa che incarna l’essenza della natura: violenta, fascinosa e degna di rispetto. Sembra di cogliere un eco divino nelle sue opere che raccontano l’essenza della natura.

La tigre che emerge dall’oscurità segna quel fascino tremendo che è carattere del sacro. La perfetta esecuzione figurativa mostra un’abilità che dialoga in modo armonico con una visione simbolica e informale. Nella forma delle sue ellissi che simboleggiano chiaramente l’esistenza cosmica che emerge dal buio, troviamo le ferite realizzate nell’opera con la sgorbia, a testimoniare che l’essenza del mondo non è la perfezione, ma è armonia tra amorfo e bellezza, tra ferita e gioioso afflato vitale.

Le opere di Montà giungono dall’oscuro alla luce. Il nero è lo sfondo del colore, che si fa “E-vento”, in un vortice che è trionfo della passione, dell’amore che raccorda il tutto, in un senso di avvicendamenti, di flussi e di ritorni in cui il tutto raccorda le parti. Un globo che perturba eppure rasserena nella sua circolarità, nonostante il solco delle ferite.

I solchi tracciati dalla sgorbia, sono incisioni che lasciano intravedere, a chi è più accorto, lo sfondo di plexiglass che riflette la luce e, forse, pure l’immagine frammentata dell’osservatore. Perché, in effetti, l’intento di Montà è quello di coinvolgere chi guarda l’opera d’arte, in una partita seria; non un invito a un puro estetismo, né alla raccolta di una provocazione, così avvezza ai contemporanei, ma una chiamata all’impegno, quasi come fosse una chiamata divina.

La Terra è sacra ed è sostanzialmente E-vento, raccolto in una luminosa radura, dove il Vento dello Spirito ci soffia sul viso.